1.1 Evoluzione dell’hacktivismo

Per comprendere meglio il fenomeno, è utile avere un quadro generale dell’evoluzione dell’hacktivismo. L’attivismo volto alla trasparenza e alla rivendicazione del diritto all’informazione affonda le sue radici nelle vicissitudini del secolo scorso (Romagna M., 2019): nasce nel contesto finanziario, indicando il diritto degli shareholder a essere adeguatamente informati in merito alle evoluzioni delle organizzazioni di cui detengono partecipazioni, per permettere il funzionamento ottimale del libero mercato; a partire dal secondo dopoguerra si sviluppa nel contesto politico, per garantire ai cittadini maggior chiarezza sull’operato dei propri governi, rendere questi ultimi responsabili delle proprie azioni e consentire alla popolazione una partecipazione più democratica. Negli Stati Uniti, dove la CIA era nata da pochi anni (1947), il Freedom of Informaction Act segnò una svolta nel 1966, prevedendo iniziali garanzie di accesso a informazioni governative.

Nella letteratura, numerosi autori sono d’accordo nel constatare che la cultura hacker ha avuto modo di affermarsi all’inizio degli anni ’80, partendo proprio da questo contesto sociale: il diffondersi dei primi computer permise la creazione di uno dei club hacker più famosi e citati, quello del German Chaos Computer Club (tutt’ora esistente) il cui obiettivo ultimo era (e rimane) la liberalizzazione dell’informazione e la sua accessibilità. Le operazioni del German Chaos Computer Club si caratterizzarono per essere spesso illegali, contribuendo a delineare l’attuale ambigua percezione della figura e del ruolo degli hacker, discussa precedentemente.

Negli anni ’90 del secolo scorso incominciarono a diventare oggetto delle operazioni degli hacker temi di natura sociopolitica: il primo episodio di hacktivismo vero e proprio viene fatto risalire al 1989, dove un malware nominato WANK (worm against nuclear killers) venne creato da un gruppo di hacktivisti ed “introdotto” nei sistemi computerizzati e nei network della NASA per protestare contro il lancio dello Space Shuttle Atlantis. Gli hacker erano animati dalle preoccupazioni legate a un eventuale fallimento dell’operazione che avrebbe potuto comportare un rilascio nell’atmosfera di detriti radioattivi.

Negli anni a seguire, sempre più interventi di hacktivism furono volti a supportare ed esprimere solidarietà a situazioni e vicende di natura sociopolitica. Con l’avvento del nuovo millennio e l’esponenziale accessibilità ad Internet e nuove tecnologie (come computer, PC, telefoni e, più tardi, l’avvento degli smartphone) fu possibile, per un numero sempre più ampio di persone, di avvicinarsi alla nuova ed emergente realtà, anche se non in possesso di grandi conoscenze informatiche. Ciò determinò negli anni il riconoscimento delle potenzialità del Web come strumento in grado di connettere persone in tutto il mondo e di collezionarne dati e informazioni in grande quantità, portando all’affermazione di una concezione di informazione libera e accessibile ed incentivando la ricerca di modi concreti per realizzare tale obiettivo. Iniziò a diventare sempre più popolare la tecnica del data leak, culminata con WikiLeaks e le loro operazioni volte a far emergere corruzione, crimine e abusi, attività immorali di governi e grandi aziende. L’attenzione mediatica cresciuta attorno a WikiLeaks a partire dal 2010 portò altri Anonymous [✳︎] gruppi come a guadagnare campo nelle narrative dei giornalisti, e a segnare l’immaginario collettivo in tema di hacking e hacktivismo.

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Anonymous, nel febbraio 2022, ha fatto parlare di sé tramite la rivendicazione di numerose operazioni volte a oscurare siti, reti e network televisivi russi, come intervento a supporto della popolazione ucraina, ad oggi vittima dell’invasione russa ordinata dal presidente Vladimir Putin il 24 febbraio 2022 https://www.theguardian.com/world/2022/feb/27/anonymous-the-hacker-collective-that-has-declared- cyberwar-on-russia

Il Civic Hacking prese forma in questo contesto a partire dai primi anni dello scorso decennio, quando la filosofia di liberalizzazione dell’informazione ebbe modo di trasportarsi all’interno delle amministrazioni pubbliche con l’avvento dei movimenti Open Data, volti a sensibilizzare le amministrazioni ed i governi sulla fondamentale importanza di rendere i dati associati alle loro attività aperti e consultabili dai cittadini e stakeholder coinvolti, in modo da facilitare l’interazione tra le due categorie di soggetti. Di tale filosofia il Civic Hacking ne fece uno dei suoi moventi principali, culminando in numerosi progetti, community ed associazioni che desideravano (e desiderano) occuparsi della realtà civica (spesso locale).

Dall’hacktivismo, il Civic Hacking eredita alcuni aspetti fondamentali (A. Schrock, 2016):

  • l’insistenza a indagare e richiedere (requesting), in particolare rivendicando la fondamentale importanza che i dati siano aperti, accessibili ed utilizzabili, e riconoscendo il valore dei dati “machine-readable” ovvero leggibili e decodificabili da una macchina (più comunemente, un computer); per questo motivo, gran parte delle community che si occupano di Civic Hacking organizzano numerosi incontri per poter discutere e sensibilizzare in tema di Open Data;

  • la capacità di elaborare (digesting), ovvero processare, interpretare ed utilizzare i dati disponibili, creando valore per la comunità civica. È in questa capacità che risiede il fulcro dell’operato dei Civic Hacker, distinguendoli da semplici cittadini;

  • contribuire (contributing), tramite il proprio operato, ad abbassare le barriere alla partecipazione degli altri cittadini alla cosa pubblica. Le community di Civic Hacking rimangono aperte anche a chi non ha conoscenze tali da poter contribuire in modo significativo ai progetti ideati, permettendo anche agli altri cittadini di essere coinvolti tramite incontri, seminari ed eventi; questa apertura, incentivata dal desiderio di collaborare che anima i partecipanti dei gruppi, permette un maggior flusso informativo ed eventualmente il riconoscimento dell’operato della community da parte di più soggetti;

  • la capacità di modellare (modelling), tramite la combinazione di pratiche informatiche, ingegno ed eventuali conoscenze professionali i dati disponibili per ideare e creare prototipi funzionanti volti a migliorare il benessere cittadino.

In tema di Civic Hacking, tali aspetti rimangono caratterizzati da una forte componente territoriale e di interventismo locale, ma anche da un forte aspetto di collaborazione ed inclusione nei confronti di chi non possiede grandi conoscenze in ambito informatico.

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