✨3. Il Civic Hacking così organizzato è fonte di capitale sociale?
Uno dei principali obiettivi del Civic Hacking è quello di aumentare e tutelare il benessere pubblico tramite l’implementazione di progetti e proposte basate sugli Open Data. Dunque, il fenomeno si candida ad essere un’importante fonte di capitale sociale, per la società e non solo: anche per gli stessi Civic Hacker il Civic Hacking può essere fonte di valore. Tramite le interviste in profondità è stato possibile esaminare la questione, mantenendo il focus su di Open Data Sicilia.
Open Data Sicilia si prefigura prima di tutto come una community che è stata ed è in grado di riunire in prevalenza cittadini siciliani all’interno delle proprie “mura digitali”. Gli intervistati hanno definito più volte Open Data Sicilia come una community “fatta di persone gentili che hanno degli obiettivi e delle passioni in comune, dove vige l’affetto e la simpatia tra le persone che ne fanno parte” (F, 35-39 anni) facendo emergere questo grande sentimento di informalità e la presenza di profondi legami personali tra i suoi membri. Un altro intervistato precisa che “la mancanza di formalizzazione statutaria fa sì che l’unico legante è quello dell’entusiasmo, della condivisione degli obiettivi […] a cui aggiungerei la convergenza di persone […] caratterizzate per voglia di fare ed etica” (M, 55-60 anni). Un altro aspetto importante riportato da un differente intervistato (M, 40-44 anni) è che la comunità creatasi attorno a Open Data Sicilia è una comunità “difficilmente portatrice di astio, haters [✳︎] o persone pronte a disincentivare le idee e proposte altrui, dove invece vige la voglia di fare e la concretezza che con i suoi progetti ha portato, porta e continuerà a portare ai cittadini siciliani”. Un aspetto sottolineato dall’intervistato M, 18-24 anni a riprova del grande investimento nella qualità dei legami interni alla community è il contributo che ognuno cerca di apportare alle conoscenze degli altri: i progetti T’Ansignari e Accussì di fatto rispecchiano il desiderio di condividere conoscenze e capacità, nell’intento di mettere tutti sullo stesso piano tramite l’utilizzo di un linguaggio universalmente comprensibile.
Gli intervistati affermano che tra i “beneficiari” dell’operato di Open Data Sicilia vi sono in primis i cittadini siciliani, senza escludere i cittadini italiani in generale e gli studenti che possono trovare nei progetti di Open Data Sicilia un esempio da replicare o da analizzare. Tra i beneficiari, precisa l’intervistato M, 49-54 anni, non mancano i professionisti: in quanto dipendente del comune di Palermo ha voluto raccontare dettagliatamente la sua esperienza con gli Open Data e Open Data Sicilia: uno dei primissimi lavori di Open Data Sicilia, o almeno dei suoi membri fondatori, è stato quello di lavorare ad un documento che riportasse le linee guida in termini di Open Data per il comune di Palermo. Questo documento, dopo essere stato redatto, venne presentato all’assessore alla partecipazione, approvato in giunta comunale per poi essere approvato con una delibera, divenendo così il documento contenente le ufficiali linee operative del comune di Palermo per la condivisione dei dati pubblici. Questo processo ha portato alla digitalizzazione e condivisione di dati utili anche a professionisti come ingegneri, architetti e impiegati nella giustizia, in particolar modo i dati relativi alle mappe del territorio palermitano. Emerge da questa testimonianza che Open Data Sicilia ha un impatto diretto anche sui professionisti locali, permettendo loro di lavorare su progetti derivati dai dati della Pubblica Amministrazione palermitana, rendendo accessibile ciò che altrimenti non lo sarebbe stato. In particolar modo, l’intervistato ha fatto riferimento a Palermo.hub come un importante strumento per diversi professionisti.
Tuttavia, Open Data Sicilia fa fatica a vedere riconosciuto il proprio operato, frutto dell’impegno dei propri membri; agli occhi delle istituzioni locali rimane “un gruppo di persone con competenze tecnico-informatiche che bussano insistentemente alle porte delle Pubbliche Amministrazioni senza una licenza o un permesso specifico nel loro tentativo di offrirsi come supporto all’operato istituzionale” (M, 30-34 anni). Delle numerose proposte di collaborazione alle Pubbliche Amministrazioni locali, la maggior parte di queste ha avuto modo di realizzarsi solo dopo diversi tentativi, senza contare le proposte cadute nel vuoto a causa di un mancato interesse da parte delle istituzioni coinvolte: richieste di condivisione di dati, di interventi, segnalazioni e rivendicazioni sono rimaste inascoltate in più occasioni.
Particolare è il caso dei dati riguardanti i contagi da Covid-19. Lo scandalo emerso nel marzo del 2021 riguardante la falsificazione dei dati pubblicati era stato anticipato dai membri di Open Data Sicilia, che già da tempo si erano accorti degli errori nei dati pubblicati dal DASOE (dipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico): il numero cumulato di decessi sembrava non combaciare con i dati forniti, ed inutili sono stati i moniti lanciati dai membri. Lo scandalo è esploso poco tempo dopo, portando alle dimissioni dell’assessore alla Salute della regione e all’arresto di una dirigente della regione Sicilia e due suoi collaboratori (Il Post, marzo 2021). Alcuni membri di Open Data Sicilia hanno poi avuto modo di raccontare l’esperienza alle reti tv locali, riportando e sottolineando l’importanza di ascoltare i loro moniti, richieste e comunicazioni.
Tuttavia, un’intervistata (F, 35-39 anni) afferma che le istituzioni siciliane, in particolare il comune di Palermo, sono ben coscienti dell’operato della community e non mancano dei riconoscimenti indiretti. Capita che, se qualche rapporto riguardante l’evoluzione della pandemia di Covid-19 presenti degli errori, la community li segnali via Twitter al Comune di Palermo; alla pubblicazione seguente viene tenuto conto della segnalazione e non mancano commenti e post-scriptum che facciano riferimento alle rivendicazioni della stessa. Oltre ciò, alcuni dipendenti del comune di Palermo sono diventati membri di Open Data Sicilia, dunque non manca un’attiva consapevolezza del loro operato. InformaCOVID, puntualizza un intervistato (M, 18-24 anni), rimane uno dei progetti più conosciuti e utilizzati dai Comuni siciliani, che se anche non hanno piena coscienza dell’operato di Open Data Sicilia, ne utilizzano il progetto, anche grazie a un’attiva campagna volta a coinvolgere i vari Comuni condotta da alcuni membri.
Non solo la società è potenzialmente beneficiaria del loro operato, ma anche i membri stessi sembrano percepire una sorta di potenziale beneficio nel partecipare ai progetti di Open Data Sicilia. Nonostante i progetti possano non trovare un adeguato riscontro ed interessamento per le istituzioni locali, rimangono un’importante calamita per gli esperti del settore, che riconoscono nell’operato dei membri il frutto di ingegno e conoscenze non trascurabili, a dimostrazione che chi opera nella community presenti una preparazione rimarcabile anche tra gli esperti e i professionisti del campo. Non è stato raro, nel periodo di osservazione della community, di vedere entrare nei vari gruppi (Facebook e Telegram in particolare) un qualche informatico o ricercatore universitario che volesse condividere il proprio apprezzamento sull’operato della community, la creatività di chi coinvolto e l’ingegno tecnico alla base di ogni proposta e progetto che sia. Alcuni intervistati hanno detto di fare affidamento ai membri di Open Data Sicilia per avere delle “consulenze” da parte di altri esperti in materia di dati, metadatazione e dati satellitari; racconta un intervistato (M, 30-34 anni), dottorando universitario “avevo chiesto un aiuto per la mia ricerca, in mezz’ora ero già in call con uno dei membri che, passo passo, mi ha spiegato come trattare dei dati aperti che avevo recentemente ottenuto”.
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