1 - Il civic hacking

In questo capitolo viene presentato e contestualizzato il Civic Hacking, di cui si spiega il ruolo centrale delle community per la realizzazione delle sue prerogative. Segue, nel secondo paragrafo, l’analisi dell’importanza della partecipazione del cittadino alla vita pubblica e l’introduzione dei concetti alla base della partecipazione cittadina: l’accountability, la trasparenza, le forme di partecipazione e l’advocacy. Il terzo paragrafo è dedicato all’introduzione di temi legati ai dati, in particolar modo i big data, gli Open Data, e il ruolo dei dati nel creare conoscenza.

1- Il Civic Hacking

È importante soffermarsi sul significato e sull’origine del termine Civic Hacking per comprenderne il senso. Di origine inglese, esso combina gli inglesi civic (civico, in italiano) e hacking, quest’ultimo derivante dal verbo to hack, la cui definizione del dizionario di Cambridge riporta il significato di “tagliare, in modo violento”. Allo stesso tempo, il termine to hack viene anche utilizzato per indicare una modalità alternativa di completare un determinato compito, spesso innovativa, creativa e per certi versi semplificata.

Negli ultimi decenni, a seguito dell’avvento di nuove tecnologie ed il conseguente delinearsi di profili (professionali o meno) sempre più esperti in tema, sia nella lingua inglese che in quella Italiana si è data una nuova definizione al termine “to hack”, fino a coniare l’espressione “hacker”. Il dizionario della Cambridge University definisce tale chi, servendosi delle proprie conoscenze nella tecnica di programmazione degli elaboratori elettronici, penetri abusivamente in una rete di calcolatori per utilizzare dati e informazioni in essa contenuti, per lo più allo scopo di aumentare i gradi di libertà di un sistema chiuso e insegnare ad altri come mantenerlo libero ed efficiente. Il cinema, la letteratura moderna e l’opinione pubblica hanno alimentato e plasmato preoccupazioni popolari che hanno fatto di questa figura un’entità oscura e misteriosa, dai tratti criminali, volta a sottrarre informazioni e dati ai sistemi informatici per le più svariate speculazioni.

Tuttavia, quest’ottica prettamente negativa risulta essere distorsiva, non analizzando e comprendendo a fondo le varie sfaccettature del caso. La riflessione fin qui affrontata viene spesso proposta per arrivare alla definizione del Civic Hacker: un esperto informatico al quale dovrebbe essere riconosciuto il desiderio di mettere al servizio della comunità le proprie abilità con l’obiettivo di migliorare il benessere comune tramite lo studio scientifico dei dati da lui recuperati, non rientrando in tal modo nella figura tipica dell’immaginario comune precedentemente discussa. Questo fine si realizza con il miglioramento dei servizi offerti alla comunità o, in alternativa, la comprensione dei problemi ad essi collegati.

La figura del Civic Hacker si inquadra dunque nella cornice più ampia del Civic Hacking, spesso fatto rientrare nel movimento dell’hacktivismo, dove il termine to hack si combina con il termine activism, indicando una forma di attivismo di varia portata (anche politica) sviluppata tramite strumenti e conoscenze tipiche della figura dell’hacker. Il Civic Hacking trova così contesto e ragion d’essere nella convinzione secondo la quale i dati e le informazioni dovrebbero essere disponibili e aperti a tutti, in modo da permettere agli individui di sviluppare delle idee autonome e critiche, e poter in generale basare il processo decisionale pubblico, politico e civico su informazioni più accurate possibili, permettendo trasparenza e fattualità insieme.

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